Chi parla della paura della solitudine parla della paura del rifiuto, della paura del conflitto, della paura dell’abbandono e della sofferenza legata a tutte queste paure.
Chi ha paura di essere abbandonato, lasciato, tradito ha probabilmente dentro di se una “memoria” di un tale trauma, vero o percepito come vero, vissuto nella sua infanzia e/o, se vogliamo parlare di paure genetiche o cellulari, questa persona ha ancora l’imprinting di questa paura scritta nel suo DNA.
In casi estremi la persona con questa paura diventa succube dell’altro rinunciando ad ascoltare i propri sentimenti e i propri bisogni.
La persona si sente paralizzata e si trova in una spirale “autodistruttiva”, dove i sintomi comuni sono: insonnia, mancanza di appetito, cattivo umore, nervosismo, eccessiva suscettibilità, insoddisfazione cronica. Tutto questo malessere psicofisico ha ripercussioni, e come potrebbe non essere così, sul lavoro, sulle relazioni e sulla salute fisica e mentale.
La cosa interessante è che la stessa paura si può manifestare anche nel comportamento di chi sfugge alla relazione perché, piuttosto che correre il rischio di essere abbandonati, feriti o disperdere il controllo, la persona preferisce rimanere da sola.
Quindi la relazione tra dipendente ed evitante è un ballo dove alla base le paure sono le stesse.
Da un punto di vista energetico, queste persone si attirano l’un l’altra perché vibrano con lo stesso “ritmo”,sono sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda, anche se “apparentemente” il partner rinunciante sembra essere quello che vince la “partita”.
Quindi i due “ballerini” o meglio “attori” nella relazione di amore hanno in comune le stesse paure, le stesse esitazioni, solo che la manifestazione comportamentale è opposta.
Possiamo usare la metafora delle due facce della stessa medaglia.
Per fattori culturali e sociali in generale la vittima che si comporta come lo zerbino è la donna mentre, chi evade dalla relazione per averne tante altre, (sempre motivato dalla paura di trovarsi intrappolato nello stesso circolo vizioso) è il maschio.
Da li nascono vari scenari:
La cosa ironica è sia il dipendente che “l’evitante” si sentono emozionalmente soli… come una barca nel bosco! Il concetto della responsabilità dentro la coppia (abilità di rispondere) è inesistente per chi rimane in queste relazioni paralizzanti apparentemente stabili.
Dietro tutto questo malessere la paura fondamentale è la paura della separazione, la paura della fine, la paura della morte. Chi prende la responsabilità dei propri sentimenti e vuole vivere una relazione libera ed appagante fà la scelta di “prendersi in mano” (prendersi amorevolmente cura di sé) spesso dopo aver replicato lo schema varie volte senza via di uscita.
Esiste un legame profondo tra solitudine e autostima.
Più alta è la seconda meno forte è la prima.
(Valerio Albisetti)
Tutte le persone sono destinate a stancarsi degli affetti non corrisposti, dei comportamenti squilibrati, della danza tra ballerini che per paura di rimanere da soli si sottomettono a una relazione che non li soddisfa affatto.
Nel momento in cui si trova un equilibrio nella “danza” in un rapporto equo basato sull’amore e la fiducia, i “lacci” che mantengono unite le persone sono “lacci” di amore vero, basati sul forte desiderio di conoscere se stessi e alimentare sia i bisogni individuali che i bisogni del partner.
Questa responsabilità di noi stessi e della coppia, ci permette di fare scelte consapevoli e mature. La paura della solitudine svanisce quando il lavoro su se stessi ci permette di riallineare i nostri valori con le nostre scelte e le nostre azioni.
Il potere della reciprocità e dell’amore corrisposto risiede nell’amare se stessi prendendosi la responsabilità di guarire le vecchie ferite e di sostituirle con nuove convinzioni basate sulle infinite possibilità di creare e ricevere amore per ogni uno di noi.